ALL'ITALIA IL TRISTE PRIMATO DEI NEET
Il sospetto che l’Italia non fosse un Paese per giovani c’era venuto, ma non certo in questi termini. I dati diffusi dalla Commissione Europea a luglio tracciano, infatti, un quadro preoccupante. Il nostro Paese è quello con la più alta media di giovani che non studiano, non lavorano e neanche cercano un impiego. Sono i NEET ed in Italia sono il 19,9 per cento, contro una media europea dell’11,5.
Dati preoccupanti sì, perché il report evidenzia anche le conseguenze che questo comporta: difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro e a trovare una valida copertura pensionistica. Nel 2016, la disoccupazione fra i 15 e i 24 anni è stata al 37,8 per cento, in calo rispetto al 40,3 del 2015, ma comunque la terza in Europa dopo Grecia e Spagna. Quando poi un lavoro si trova, questo e atipico o precario, con una minore copertura previdenziale e pensioni che saranno più basse in rapporto alla remunerazione. C’è da stupirsi se poi i nostri giovani abbiano perso l’ottimismo e vivano non curandosi del domani?
I giovani, insomma, rimangono un capitale inespresso, sia da un punto di vista economico che sociale. “PricewaterhouseCoopers” ha stimato che basterebbe trovare un lavoro a quel giovane su tre che non ce l’ha, per far crescere di 7-9 punti annui il nostro PIL.
Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, commenta che quelli sui “neet” sono dati negativi, “il doppio della media europea, ma in 2 anni si sono ridotti del 5%. Non ci possiamo accontentare, ma dobbiamo anche sapere che la direzione assunta produce risultati”. “Abbiamo ancora un problema – afferma Poletti – molto serio relativo all'occupazione giovanile. Per trovare un posto di lavoro nel nostro paese ci vuole più tempo rispetto ad altri", che sottolinea come i nostri giovani "non sono 'sdraiati', ma sono giovani che si impegnano attivamente per cercare un lavoro. Abbiamo bisogno di produrre più opportunità di lavoro per i giovani”.
Anche la Commissione europea è impegnata a combattere il fenomeno, riducendo la disoccupazione in generale e la disoccupazione giovanile in particolare. Dal picco della crisi nel 2013 il numero dei giovani disoccupati è diminuito di 1,8 milioni di unità e quello dei giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano (i cosiddetti NEET) di 1 milione di unità. “Con la proroga della garanzia per i giovani, l'integrazione finanziaria offerta dall'iniziativa a favore dell'occupazione giovanile e dall'iniziativa che prevede di continuare a investire nei giovani d'Europa, presentata di recente, la Commissione intende massimizzare le possibilità dei giovani sul mercato del lavoro”.
Comunque il fenomeno investe tutta l’Unione europea, quando la disoccupazione è al livello più basso dal dicembre 2008, creando dal 2013 oltre 10 milioni di posti di lavoro. Sui giovani “grava un onere particolarmente elevato: tendono ad avere più difficoltà a ottenere un posto di lavoro e si trovano più spesso in forme di occupazione atipiche e precarie come i contratti temporanei, che possono comportare una minore copertura previdenziale”.