RAPPORTO ASVIS 2018, ITALIA IN GRAVE RITARDO: PEGGIORANO POVERTÀ, DISUGUAGLIANZE E QUALITÀ DELL’AMBIENTE.
Il Rapporto dell’ASviS 2018, presentato stamani alla Camera dei Deputati, fa il punto sullo stato di avanzamento dell’Italia e dei suoi territori verso i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile e illustra proposte concrete per far sì che il Paese mantenga gli impegni presi nel settembre del 2015 con la sottoscrizione dell’Agenda 2030 dell’ONU. Il Portavoce dell’ASviS, Enrico Giovannini: “Si sono già persi tre anni per dotarsi di una governance che orienti le politiche allo sviluppo sostenibile. Il 2030 è dietro l’angolo e molti Target vanno raggiunti entro il 2020.
Oltre all’immediata adozione di interventi specifici in grado di farci recuperare il tempo perduto sul piano delle politiche economiche, sociali e ambientali, l’ASviS chiede al Presidente del Consiglio di attivare subito la Commissione nazionale per l’attuazione della Strategia per lo Sviluppo Sostenibile, di trasformare il CIPE in Comitato Interministeriale per lo Sviluppo Sostenibile e di avviare il dibattito parlamentare sulla proposta di legge per introdurre il principio dello sviluppo sostenibile in Costituzione, al fine di garantire un futuro a questa e alle prossime generazioni”. L’Italia sta perdendo la sfida dello sviluppo sostenibile.
E anche negli ambiti in cui si registrano miglioramenti, a meno di immediate azioni concrete e coordinate, sarà impossibile rispettare gli impegni presi dal nostro Paese il 25 settembre del 2015, all’Assemblea Generale dell’Onu, con la firma dell’Agenda 2030. Serve dunque un urgente cambio di passo. In particolare, tra il 2010 e il 2016, l’Italia è peggiorata in cinque aree: povertà (Goal 1), condizione economica e occupazionale (Goal 8), disuguaglianze (Goal 10), condizioni delle città (Goal 11) ed ecosistema terrestre (Goal 15). Per quattro la situazione è rimasta invariata: acqua e strutture igienicosanitarie (Goal 6), sistema energetico (Goal 7), condizione dei mari (Goal 14) e qualità della governance, pace, giustizia e istituzioni solide (Goal 16). Segni di miglioramento si registrano, invece, per alimentazione e agricoltura sostenibile (Goal 2), salute (Goal 3), educazione (Goal 4), uguaglianza di genere (Goal 5), innovazione (Goal 9), modelli sostenibili di produzione e di consumo (Goal 12), lotta al cambiamento climatico (Goal 13), cooperazione internazionale (Goal 17).
Questo è, in estrema sintesi, il quadro che emerge dal Rapporto 2018 (www.asvis.it/rapportoasvis) dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), nata due anni e mezzo fa per diffondere la cultura della sostenibilità e la conoscenza dell’Agenda 2030 e che, con i suoi oltre 200 aderenti, è la più grande rete di organizzazioni della società civile mai creata in Italia. L’ASviS, grazie all’attività dei suoi gruppi di lavoro, dal 2016 fotografa la situazione dell’Italia, e quest’anno anche delle regioni, rispetto ai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs) e propone misure concrete per far sì che il nostro Paese migliori le proprie condizioni economiche, sociali e ambientali attraverso un cambiamento del proprio paradigma di sviluppo.
“Il messaggio che emerge dal Rapporto 2018, frutto del lavoro di oltre 300 esperti dell’ASviS, è di forte preoccupazione per i ritardi accumulati dalla politica che in questi tre anni non ha affrontato in modo integrato i tanti problemi del Paese”, sottolinea il Presidente dell’ASviS Pierluigi Stefanini. “Tuttavia, il Rapporto è anche portatore di speranza perché dà conto delle 2 iniziative di numerosi soggetti economici e sociali, nonché di tantissime persone, che stanno cambiando i modelli di business, di produzione, di consumo, di comportamento, con evidenti benefici, anche economici”.
Il Rapporto, infatti, segnala l’avvio di programmi educativi nelle scuole e nelle università sullo sviluppo sostenibile, di iniziative finalizzate a coinvolgere imprese, comunità locali e persone singole sulle diverse questioni dell’Agenda 2030, oltre che importanti politiche adottate negli ultimi dodici mesi (come l’introduzione del Reddito di Inclusione per ridurre la povertà) e le occasioni mancate, come l’interruzione degli iter legislativi in tema di riduzione del consumo del suolo, del diritto all’acqua, del commercio equo, o la mancanza dei provvedimenti attuativi della riforma del Terzo Settore.
Se, dunque, nel Rapporto presentato stamane alla Camera dei Deputati alla presenza, tra gli altri, della Vicepresidente Maria Edera Spadoni e del Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Tria, viene dato conto del crescente interesse della società italiana per il tema dello sviluppo sostenibile, dall’altro gli indicatori compositi elaborati dall’ASviS forniscono una visione chiara, e preoccupante, delle tendenze in atto per molti Obiettivi. “Ciò che manca”, aggiunge il Portavoce dell’ASviS Enrico Giovannini, “è una visione coordinata delle politiche per costruire un futuro dell’Italia equo e sostenibile. Il confronto tra le forze politiche nelle ultime elezioni non si è svolto intorno a programmi chiari e con un orientamento in tal senso. L’imminente Legge di Bilancio deve cogliere le enormi opportunità, anche economiche, offerte dalla transizione allo sviluppo sostenibile.
Il fattore tempo è cruciale”. Al di là delle numerose proposte per interventi concreti in materia economica, sociale e ambientale, sul piano della governance, a tre anni dalla firma dell’impegno per lo sviluppo sostenibile, l’ASviS ribadisce l’urgenza di: - introdurre lo sviluppo sostenibile tra i principi fondamentali della nostra Costituzione; - attivare a Palazzo Chigi la Commissione nazionale per lo sviluppo sostenibile prevista dalla Direttiva della Presidenza del Consiglio del 16 marzo; - dotare la Legge di Bilancio di un rapporto sull’impatto atteso sui 12 indicatori di Benessere Equo e Sostenibile (BES) entrati nella programmazione finanziaria; - trasformare il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) in “Comitato Interministeriale per lo Sviluppo Sostenibile”; - adottare un’Agenda urbana nazionale basata sugli SDGs, che si proponga come l’articolazione della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile per le aree metropolitane; - istituire presso la Presidenza del Consiglio un organismo permanente per la concertazione con la società civile delle politiche a favore della parità di genere; - predisporre “linee guida” per le amministrazioni pubbliche affinché applichino standard ambientali e organizzativi che contribuiscano al raggiungimento degli SDGs; - intervenire con la Legge di Bilancio o con altro strumento normativo agile per assicurare il conseguimento dei 22 Target che devono essere raggiunti entro il 2020; - allargare l’insieme di imprese soggette all’obbligo di rendicontazione non finanziaria, strumento ormai indispensabile per accedere al crescente flusso di investimenti attivati dalla “finanza sostenibile”. L’Alleanza proseguirà il proprio impegno a favore dello sviluppo sostenibile e la collaborazione con altri soggetti della società civile italiana ed europea. Con il suo diffuso network di aderenti e associati, è a disposizione delle istituzioni nazionali e degli enti territoriali per rendere il loro impegno verso la sostenibilità efficace e coordinato.
Gli indicatori sono stati costruiti utilizzando la metodologia AMPI, adottata anche dall’Istat per costruire gli indicatori compositi del BES. In particolare, è stato possibile costruire un indicatore composito (a partire da oltre 95 indicatori elementari) per 15 Obiettivi su 17, mentre per i Goal 13 e 17 si è scelto di continuare a utilizzare un singolo indicatore headline. Sia gli indicatori forniti dall’Istat sia gli indicatori compositi sono disponibili nel database ASviS (www.asvis.it/dati/), che contiene anche dati riferiti alle diverse regioni. Il valore Italia del 2010 rappresenta il valore base (pari a 100) e gli indici mostrano il miglioramento (se il valore sale) o il peggioramento (se scende) della situazione rispetto al valore del 2010. Se un indice composito presenta un miglioramento non significa necessariamente che l’Italia sia su un sentiero che le consentirà di centrare gli Obiettivi nel 2030, ma semplicemente che il Paese si sta muovendo nella direzione giusta “in media”, in quanto non si tiene conto della distribuzione (cioè sugli aspetti legati alle disuguaglianze) del fenomeno.