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Il potere educativo del lavoro per i giovani

In una società in cui velocemente cambiano professioni ed economie, come possono i giovani immaginare il loro futuro lavorativo? Quali strumenti possiamo fornire ai ragazzi, attraverso i percorsi di formazione professionale, perché possano affrontare il domani con sicurezza e con le giuste competenze per essere buoni lavoratori e onesti cittadini?

La sfida per gli enti formativi è innanzitutto quella di riuscire a comprendere cosa c’è nel cuore dei giovani che frequentano i percorsi di formazione professionale: è sempre meno facile capire cosa pensano perché pretendiamo di interpretare la loro realtà con i paradigmi del passato. È necessario levare dai nostri occhi quei pregiudizi e quei filtri del passato che ci fanno guardare quegli stessi giovani pensandoli come repliche della nostra giovinezza, credendo che il passato possa essere l’unica chiave di lettura del presente e del futuro. Questo ci induce molto spesso a pensare che alcune delle persone che si rivolgono ai nostri percorsi di formazione o di inserimento lavorativo non abbiano un’occupazione perché, in realtà, sono solo svogliati.
Contrariamente da quanto comunemente immaginiamo, invece, le nuove generazioni tendono ad attribuire al lavoro una grande importanza: difendono la sua dignità e remunerazione, non accettano dequalificazione professionale o precarietà e non si arrendono ad abusi e ricatti, in nome della qualità del lavoro, oggi considerata parte integrante della qualità della vita. Se la scelta del lavoro dei giovani non è più basata esclusivamente sulla retribuzione attesa, è la leva valoriale ad attrarre le nuove generazioni verso un’impresa.
In questo scenario, come enti di formazione, ponte tra allievi e imprese, abbiamo il dovere di accompagnare i giovani della formazione professionale educandoli a ragionare sui valori del lavoro oltre all’aspetto economico: far riscoprire la bellezza di un lavoro ben fatto per e con gli altri, la scoperta di come il lavoro ci mette in dialogo con gli altri.

Ed è così che il lavoro torna ad essere una sfida educativa, un’opportunità in cui gli enti formativi diventano spazi di educazione ai valori per accompagnare i giovani nel lungo percorso del lavoro, aiutandoli a rileggere le esperienze vissute in una chiave di «revisione di vita». Vedere, valutare, agire sono gli elementi chiave per osservare e vivere l'esperienza lavorativa affinché si trasformi in opportunità di protagonismo dove far "germogliare i semi che Dio ha posto in ciascuno, le sue capacità, la sua iniziativa, le sue forze". Se il “lavoro è una dimensione irrinunciabile della vita sociale, perché non solo è un modo di guadagnarsi il pane, ma anche un mezzo per la crescita personale”, per stabilire relazioni sane, per esprimere sé stessi, per condividere doni, per sentirsi corresponsabili nel miglioramento del mondo, allora la «revisione di vita» diventa lo stile di una pastorale per i giovani lavoratori e per i giovani della formazione professionale che li aiuta a rileggere la realtà attraverso la lente dei valori del Vangelo.

Con il radicarsi del sistema duale e con il progressivo aumento dei contratti di apprendistato formativo, il formatore non ha più il solo compito di trasferire le proprie conoscenze agli allievi, ma deve essere in grado di far crescere le competenze dei singoli accompagnando le persone lungo tutto l’arco della vita nella rilettura dei valori presenti nella propria esperienza lavorativa (che sarà sempre più dinamica, con cambi e passaggi da un lavoro all’altro). Diventa una figura chiave che tiene traccia dei percorsi dei ragazzi, che li facilita, li sostiene e li monitora.

Ma per far crescere un buon lavoratore non basta il ripensamento interno dell’ente e della figura del formatore. Occorre fare rete con gli altri soggetti della comunità educante, in cui il mondo delle imprese deve necessariamente entrare a farne parte.
L'apprendistato può essere la chiave per combattere lo skill mismatch e al tempo stesso rendere partecipi le imprese nel ruolo educativo dei giovani e dare un nuovo significato alla responsabilità sociale delle nostre imprese.
È compito dell’ente formativo selezionare le imprese capaci di far vivere un’esperienza di crescita ai giovani attraverso l’inserimento lavorativo. Il supporto di imprese «attente ai giovani» che condividono l’adesione ad un progetto valoriale più ampio, diventa una opportunità di crescita personale, una forma di educazione ai valori che solo un contesto lavorativo può dare.
La comunità educante si trasforma quindi con l’ingresso delle imprese e dei loro tutor aziendali, figure professionali adeguatamente formate per avere uno sguardo attento all’educazione dei giovani e divenire, per loro, veri e propri mentor.

La partita del lavoro per i giovani si gioca sul campo della comunità educante dove gli enti di formazione si mettono a loro servizio per accompagnarli dal punto di vista valoriale anche attraverso la “revisione di vita” come strumento per valutare le esperienze di apprendistato e di inserimento lavorativo. Gli enti formativi giocano un ruolo anche nella selezione delle imprese capaci di far crescere i giovani e tanto motivate da investire nella formazione della figura del mentor-tutor aziendale.
Un gioco di squadra che ha un punto fermo, il "valore della persona al lavoro" come fulcro delle riflessioni e delle possibili strategie future per dare l'opportunità ai nostri giovani di vivere da protagonisti il "potere" educativo del lavoro.

"LA FORMAZIONE PROFESSIONALE: Il potere educativo del lavoro per i giovani" di padre Antonio Teodoro Lucente, dal sussidio CEI "GIOVANI E LAVORO PER NUTRIRE LA SPERANZA"

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