EBOLA: ORAMAI SI MUORE ANCHE DI FAME, DI MALARIA, DI PARTO …
Nei Paesi colpiti dall’ebola si muore, oramai, anche di malaria e di parto, si muore di fame, si muore per ignoranzae si muore d’ingiustizia. Quisto il grido lanciato delle associazioni cattoliche che operano in Sierra leone, Guinea e Liberia. Solo un’azione congiunta e coordinata può arginare l’espansione dell’epidemia, e per questo l’ENGIM ed i Giuseppini del Murialdo, insieme alla Caritas Italiana, i Camilliani, i Fatebenefratelli ed altre sette associazioni in prima linea contro l’epidemia (Salesiani, Saveriani, Cuamm-Medici con l’Africa, AvVSI, FOCSIV, VIS, Associazione Dokita) alzano il tiro e chiedono di aumentare l’attenzione e l’impegno contro questa emergenza mondiale.
In collegamento telefonico con Roma, durante la conferenza stampa convocata, ieri, nella sede dei Camilliani, i missionari presenti in Sierra Leone e Guinea Conakry hanno disegnato un quadro di dolore e disperazione. Un milione e mezzo di persone in quarantena in tre distretti della Sierra Leone, 9 mila persone infettate e 4 mila morti, di cui la metà in Liberia. La maggior parte degli ospedali pubblici e cattolici chiusi per evitare il contagio, poiché gli operatori non sono preparati e non hanno le attrezzature necessarie. Pochissimi i laboratori capaci di fare i test che accertino l’infezione. E La gente – raccontano dall’Africa - non potendo recarsi negli ospedali, comincia a morire anche per altre malattie curabilissime, come la malaria e la febbre tifoide. Le donne, non potendo partorire in ospedale, rischiano di morire di parto, mentre sono già alcune migliaia gli orfani.
Impegnati anche nell’assistenza alimentare alle famiglie colpite e ai bambini orfani, nel sostegno psicologico post-trauma, così come nell’identificazione dei casi sospetti e nella loro cura attraverso ospedali e centri specializzati - il cui personale ha pagato un prezzo molto elevato in vite umane -, gli organismi ecclesiali rafforzano il loro impegno e chiedono di non essere lasciati soli.
“Per ora abbiamo distribuito riso, cipolle e qualche altro alimento base - ha raccontato padre Maurizio Boa, Giuseppino del Murialdo -. Manca il cibo, nessuno va più per le strade a vendere i propri prodotti, ed i prezzi sono aumentati, perché anche in questa situazione c’è chi specula per i propri interessi”.
“Gli interventi sono stati tardivi - ha raccontato Padre Natalio Paganelli, Amministratore Apostolico di Makeni -. Ora speriamo che arrivino presto i cinque centri di cura annunciati dalla Gran Bretagna, che vi ha investito circa un miliardo di euro. Ogni 10 km ci sono check point che misurano la temperatura, ma anche la malaria causa una febbre a 39 e spesso le persone vengono isolate senza essere malate di Ebola”
Fra Marco Fabello, responsabile della comunicazione per i Fatebenefratelli di Roma, ha infine sottolineato che sia stata “Una vergogna che l’Europa si sia accorta dell’Ebola solo quando alcuni europei sono tornati a tornano a casa ammalati e ha ricordato il grande gesto di tutte quelle persone – sacerdoti e leici – che stanno morendo perché hanno deciso di non lasciare soli e senza cure gli ammalati”.
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