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Buon Natale 2024!

Questo augurio natalizio è un invito a vivere il Natale non solo come una festa interiore, ma come una sfida che ci porta a trasformare il nostro rapporto con il mondo, ispirandoci ad azioni di giustizia e di pace. Non basta desiderare un mondo migliore: dobbiamo lavorare per costruirlo, giorno dopo giorno, a partire da noi stessi e dalle nostre comunità educative, ovunque esse si trovino.

Quest'anno, la riflessione natalizia vuole sottolineare il significato profondo del Natale come momento per riconoscere Dio nella semplicità e nella vulnerabilità umana. Dio si incarna tra i poveri e gli emarginati, rivelandosi nei contesti più umili, lontano dal potere e dalla ricchezza.

Dio è accanto a chi soffre e lotta, discreto e silenzioso, spesso camuffato tra la gente comune, dove passa inosservato. Questa immagine ci spinge a vivere la fede come un servizio ai più bisognosi e a coltivare empatia per l'altro, affinché nessuno rimanga abbandonato o dimenticato.

Abitare i Luoghi della Vita

Siamo chiamati ad abitare i luoghi della quotidianità, dove le persone vivono e lavorano. Significa accettare un incontro che non possiamo controllare, ma che nasce liberamente dagli avvenimenti della vita. Abitare i luoghi significa farli propri, sentendoci parte di una vicinanza all'uomo che è, al tempo stesso, vicinanza a Cristo. Significa costruire relazioni significative, reti solidali e collaborazioni efficaci ed inclusive.

Betlemme: Grotta, Stalla, Palazzo

Betlemme è una terra di transizione tra deserto e fertilità, tra Antico e Nuovo Testamento. Qui, il Figlio di Dio entra nella nostra storia e nasce nel silenzio di una grotta o nella semplicità di una stalla, luoghi che racchiudono il mistero dell’Incarnazione. La grotta richiama le origini umili e il destino terreno di Cristo. La stalla simboleggia la fragilità umana e la terra bisognosa di redenzione, mentre il palazzo in rovina nei presepi rappresenta la nuova regalità di Gesù, fondata non sul potere ma sulla bontà.

Buon Natale a tutti noi!

padre Antonio Teodoro Lucente
Presidente ENGIM

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­Il Dio che conosco
dimora all'ombra della mia casa.
Ogni giorno mendica un po' di riso
o ancor più, uno sguardo d'amore, un volto che lo accolga.

Il Dio che conosco è nato sulla paglia,
ed è morto sul legno.
E dal lontano giorno di Pasqua
vaga per il mondo,
E si confonde anonimo tra folla,
tra gli emarginati, gli indesiderati.

Lo vedo comparire nelle strade del quartiere.
Fa di tutto per mimetizzarsi, si rivela appena,
e nove volte su dieci non viene riconosciuto...

Il Dio che conosco non ha potere, è silenzioso,
È un Dio che disturba.
Non mi fa dormire in pace.
Turba la quiete delle mie notti.
Dice che ha fame, che ha sete e che è nudo,
Che è uno straniero, un prigioniero.

Il suo urlo risuona dai bassifondi.
Geme abbandonato, rifiutato.
Mostra senza vergogna il suo corpo scarno e martoriato.
L'altro giorno mi è sembrato di sentire la sua voce:

"Sono ancora qui, non ti ho mai abbandonato
Non permettere che io muoia di fame,
Che io trascorra ancora un'altra notte al freddo, senza un tetto sopra la mia testa.
Non lasciarmi in mezzo a tanta sofferenza, a subire ingiustizie, a essere colpito e torturato.

Ho bisogno di te, oggi, stasera, adesso!
Busso alla porta ma nessuno risponde.
Fa freddo, sono solo,
nessuno mi aiuta a rialzarmi,
nessuno viene a curare le mie ferite".

Il Dio che conosco si chiama Gesù Cristo
e dimora all'ombra della mia casa...

Jacques Couture

 

 

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