Sinodo Panamazzonico - Mons. Celso Lazzari: I Popoli Indigeni Veri Custodi della Natura
Siamo ormai giunti agli ultimi giorni dell'Assemblea speciale per il Sinodo, domenica prossima i padri sinodali chiuderanno i lavori e da questa lunga riflessione uscirà una pubblicazione ufficiale che raccogliertà i frutti del lavoro svolto in queste tre settimane.
Quanche giorno fa è uscita una bella intervista fatta a Mons. Celso Lazzari, Vicario Apostolico in Ecuador ed appartenente alla Congregazione dei Giuseppini del Murialdo, in cui il padre sinodale racconta le sue impressioni sulle tematiche uscite in Asemblea. Lui, nato in Brasile e poi divenuto cittadino del mondo, come spesso accade ai padri giuseppini, quando è stato ordinato Vescovo è stato inviato nell’Ecuador amazzonico, nel vicariato del Napo, nella zona orientale dell’Ecuador, e poi dal 2013 è arrivato a San Miguel de Sucumbíos, una circoscrizione ecclesiastica dove vivono cinque gruppi etnici indigeni. Questa provincia è quella maggiormente interessata dall'emigrazione perché vicina alla frontiera con la Colombia, dalla quale è separata dal fiume San Miguel. Per le sue origini e per il suo ministero ha tanti motivi per essere preoccupato per ciò che sta succedendo in Amazzonia. «Negli anni Settanta - ci dice mons. Lazzari - in questa zona c'erano tre popolazioni: i Cofanes, o Siones e i Secoyas e poi, da altre provincie, sono arrivati i Kichwas e gli Shuars, ai quali il governo dell’Ecuador ha regalato 50 ettari di terra affinché disboscassero e fornissero braccia all’industria nascente del petrolio. Nel 1971 è stato scavato il primo pozzo; è allora che è nata Lago Agrio. Che è stato il loro “bene”, se intendiamo che ha incrementato l'occupazione, ma soprattutto il loro male, perché la zona è totalmente inquinata: suolo, acqua e aria. La città si è formata proprio con i migranti. L'emigrazione forzata però è un'altra cosa, ed è un'altra emergenza per la nostra Chiesa, l'Ecuador e le nazioni vicine».