Riflessioni Ne Perdantur
estate 2025
Chiude un anno formativo tra i più complessi. Non è una lamentela, è una constatazione. Le fatiche che abbiamo vissuto non sono state apparenti: sono state vere, esigenti, talvolta persino spigolose. Eppure, in mezzo a tutto questo, si è fatta largo una bellezza: fragile, nascosta, tenace. La bellezza dei gesti piccoli, degli sguardi che hanno retto, delle parole che hanno sostenuto. È la bellezza di una comunità che, pur tra limiti e contraddizioni, ha deciso di esserci.
Ma non possiamo tacere: qualcosa ci sta attraversando con forza crescente. Lo sappiamo. Lo viviamo.
Circolari regionali sempre più esigenti, curricoli imposti e disancorati dalla realtà, logiche contrattuali complesse ed articolate, meccanismi che trasformano l’incontro educativo in esercizio burocratico.
E ancora: la cultura dello scaricabarile, la logica del sospetto, il dominio della procedura. A pagare il prezzo di tutto questo sono i nostri ragazzi, ma anche noi: formatori, educatori, operatori di comunità.
È questa la vera emergenza: la dissoluzione del “noi”.
La perdita della responsabilità condivisa. L’assuefazione alla disumanità.
E allora, oggi più che mai, dobbiamo ripartire da lì: da ciò che è umano.
Perché educare è atto profondamente umano. E disumano è tutto ciò che toglie dignità, relazione, orizzonte.
"Disumano" è ciò che ignora, che umilia, che schiaccia.
È l’indifferenza che diventa norma.
È la semplificazione che cancella l’unicità.
È l’abitudine che spegne lo sguardo.
Il Ne perdantur è l’esatto contrario.
Non è uno slogan, è un grido.
È la scelta di chi rifiuta ogni sistema che lascia indietro.
È lo sguardo che non si arrende al caos.
È la spiritualità della responsabilità, dove indignarsi non basta: serve assumere.
Chi educa secondo il Ne perdantur non si accontenta.
Non delega. Non tace. Non spiritualizza il male per addomesticarlo.
Lo diceva il Concilio nella Gaudium et Spes: quando si educa senza fiducia, si tradisce il Vangelo.
Lo ha ribadito papa Francesco nella Fratelli Tutti: di fronte ai sistemi di scarto, la fraternità deve farsi concreta, militante, incarnata.
Abbiamo bisogno di una resistenza educativa.
Una conversione dello sguardo, una comunità formativa capace di non cedere al cinismo.
Perché, come ci ricorda Miguel Benasayag, “l’epoca è oscura, ma noi siamo vivi. E possiamo abitare il presente in modo diverso.”
Essere vivi è già una presa di posizione. Lo è ogni giorno in cui, stanchi ma presenti,
scegliamo ancora di credere nella forza generativa dell’educazione. Nonostante tutto.
Allora, non chiediamoci quando finirà la crisi. Chiediamoci chi vogliamo essere dentro questa crisi. Che tipo di educatori, di colleghi, di comunità vogliamo diventare? Che tipo di ENGIM vogliamo costruire?
Non ci servono eroi. Ci servono alleanze. Ci serve un “noi” vero, affidabile, plurale. Ne perdantur. Non uno slogan spirituale. Ma una scelta concreta. Educare oggi significa non lasciare indietro nessuno, rischiare fiducia dove tutto grida sconfitta, Tenere accesa la luce quando tutto pare spento.
Per questo oggi, al termine dell’anno, non chiudiamo la porta. La lasciamo socchiusa, perché il Ne perdantur non va in vacanza. È una vocazione che non si spegne.
E allora, prima del riposo, tre esercizi per chi educa. Tre allenamenti del cuore:
TRE ESERCIZI ESTIVI PER RESTARE VIVI
1. Coltiva uno sguardo di bene.
Vedi il bene. Annota il bene. Racconta il bene.
Solo chi riconosce ciò che funziona può generare futuro.
2. Studia il tuo tempo.
Non restare fermo. Leggi, osserva, ascolta.
Scopri cosa si muove nel cuore dei giovani, nel mondo del lavoro, nella cultura digitale.
3. Risanare le relazioni.
Ripara. Ricuci. Chiedi scusa. Riconosci.
Una comunità educativa non è un insieme di solisti, ma un coro di relazioni vere.
Tre esercizi semplici. Ma rivoluzionari.
Grazie, davvero,
Per la fedeltà, la presenza, la generosità con cui abitate questo tempo.
Torniamo a casa con più consapevolezza. Forse un po’ feriti, ma ancora capaci di sognare in grande.
Buona estate, da educatori veri. E arrivederci, per ricominciare con più coraggio.
padre Antonio Teodoro Lucente
Presidente ENGIM